Eravamo in
spiaggia nei dintorni di Roccelletta, quando decidemmo di visitare il borgo di
Squillace.
Il cielo era limpido,
una calda giornata mediterranea, attorno a noi poca gente ed un mare blu
intenso che osservavo mentre mi raccontavano delle bellezze del borgo, della sua
storia e delle famose ceramiche.
Le descrizioni
che mi stavano facendo, erano quelle di un territorio ricco di storia, cultura
e paesaggio.
Ero molto curioso
di visitare il luogo dove durante una
tempesta era approdato Ulisse, dove nel Medioevo,
su di una collina a quindici chilometri dal mare le genti si rifugiavano per sfuggire agli attacchi dei saraceni, ero
curioso di visitare il borgo di Cassiodoro, l’ultimo dei romani e il primo
degli italiani e il luogo che fu nell’anno
mille, un’importante contea Normanna.
Così nel pomeriggio,
quando le temperature si fecero più dolci,
ci incamminammo verso Squillace.
A quell’ora, la
luce del sole era calda e morbida accentuando
le bellezze del paesaggio calabro.
A rendere ancora
più affascinante il cammino verso Squillace erano i diversi tornanti della
strada provinciale che si susseguivano uno dopo l’altro, regalandoci suggestivi
paesaggi.
Un tornante e Squillace
appariva inerpicato su di uno sperone, un’altro e castagni e aranceti occupavano
ampie vallate che si gettavano a capofitto verso il mare. Qui è li erano
presenti dei ruderi ricoperti di fichi d’india, pietre tra le campagne, che una
volta dentro al borgo, si convertivano in
strade acciottolate, archi e muri ricoperti di ceramiche, cipolle e
peperoncini.
Visitammo la
bottega di un artigiano, ci raccontò il proprio lavoro, descrivendolo con
enfasi nei minimi dettagli, esagerando e colorando ancora di più le belle
ceramiche esposte.
Mi soffermai ad
osservare delle ocarine rosso porpora mentre l’artigiano staccava dal muro un
grande piatto che avevamo acquistato.
Lasciammo la
bottega, passando accanto ad una piazza, quattro donne sfuggivano dal sole, riparandosi
all’ombra del castello normanno, alle
loro spalle la sagoma di quel che
restava di un vecchio cartello stradale e un immenso giardino che accompagnava
il nostro sguardo fino all’orizzonte.
Scendevamo e risalivamo
le stradine del borgo, scoprendo scorci, fontanelle e antichi palazzi.
Arrivammo casualmente
davanti alla Chiesa di San Matteo, un signore ci invitò a visitare una ricca
collezione di presepi provenienti dal mondo intero: Bolivia, India, Argentina,
alla centesima statuetta, perdemmo la concentrazione ed educatamente ci
divincolammo.
Un abitante del
luogo si avvicinò a noi, indicandoci i vicoli
da percorrere per arrivare fino alla Chiesa
di Santa Maria Assunta.
Arrivammo nella
piazza che affacciava sull’imponente Cattedrale, due turisti studiavano una
cartina stradale mentre io ammiravo la rigida architettura della Chiesa
ottocentesca.
Rientrammo a
Catanzaro, quando il sole era già tramontato, quella sera feci una passeggiata
sul lungomare, ripensando alla fortuna delle genti che vivevano tra le colline alle
mie spalle, potendosi riparare all’ombra di un antico castello e passeggiare
tra i vicoli di una storia millenaria.