mercoledì 16 agosto 2023

Chi sono

Ciao, sono Francesco. Sono  un’architetto, nato a Taurianova in Calabria e residente a Parigi.
La mia è una formazione artistica ed architettonica.
Ho studiato arte al Liceo Artistico Mattia Preti di Reggio Calabria ed architettura presso le Università di Reggio Calabria e Siviglia in Spagna.

Terminati gli studi, ho lavorato in giro per l'Europa. 

Prima in Spagna, dove ho collaborato con lo  studio paesaggistico: Jansana, De La Villa,  De Paauw, successivamente in Repubblica Ceca a Praga, dove ho collaborato con lo studio: Projektil Architekti.
Attualmente vivo in Francia, e continuo a fare l'architettto, realizzando progetti in tutto il mondo che mi permettono di viaggiare e di scoprire tanti luoghi affascinanti.
 
Sono convinto che i valori materiali e immateriali di una comunità sono i punti dai quali partire per poter creare innovazione, ed i miei carnet, sono dei veri e propri diari di viaggio, alla scoperta del genius loci che si nasconde in ogni luogo. 

Se vuoi contattarmi questi sono i miei social: 


La Calabria

 La Calabria...terra dai forti contrasti. 
Terra circondata dal mare, ma dal territorio prevaletemente montuoso. 
Terra dura, orgogliosa ma generosa nelle tradizioni, nei giardini e nei paesaggi che si svelano, uno dopo l'altro,  
Terra di malinconia, dove le pietre parlano dialetti antichi e subiscono l'assenza  di chi é partito per cercare fortuna altrove. 
La mia terra.    

I miei ritorni


Da quindici anni ho vissuto tanti ritorni in Calabria, ed il ritorno verso la mia terra d'origine é stato sempre caratterizzato da curiosità ed aspettative di riscoperta. 

15-06-2020 - Rientro in Calabria alla riapertura delle frontiere post-covid

Viaggio nel reggino


Le strade dell'Aspromonte: verso Bova 

Bova (RC)

Taurianova - La Chiesetta di San Nicola 
Cittanova - Centro storico 

La fontana di San Giorgio Morgeto 

San Giorgio Morgeto 
Un artigiano a San Giorgio Morgeto 


Viaggio nel Catanzarese


Squillace - Concattedrale di Santa Maria Assunta 
Squillace - Delle donne discutono all'ombra del castello
Montauro- Chiesa di San Pantaleone
Villaggio Cutura - Sila 
Villaggio Cutura - Sila - E' tempo d'accendere il camino 


sabato 12 agosto 2023

A Taurianova

In questo post troverai disegni e riflessioni, che ho realizzato camminando tra le strade di Taurianova, il mio paese natale nel quale ritorno ogni tanto per fare un tuffo tra i valori delle mie origini.  

Buona lettura. 

Tra le strade di Taurianova 

Ci sono angoli di Taurianova che sono poi riconoscibili un pò dappertutto in Calabria.

A San Lorenzo, come a Palizzi, Cittanova, San Giorgio o ancora Badolato. 

Edifici fatti di archi, scalette, passerelle e ballatoi che collegano e prolungano. 
Sono angoli, da scoprire con quel tempo lento, che tanto amo e dei quali sento la mancanza quando sono a Parigi.

Via Gemelli 


Via Gemelli 








La Chiesa dell'Immacolata 

Tracce nascoste tra i vicoli  di Taurianova 


“Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione.” Penso alle belle parole di Saramago mentre cammino tra le traverse di Via Roma. E’ incredibile scoprire solamente da adulto, questi vicoli di Taurianova. Nei muri, tracce di un passato quasi dimenticato.

Vico Cavatore 

Il palazzo dei Pontalto 

La bellezza del tempo lento 

Ho notato che non è facile camminare a Taurianova, è da 10 giorni che sono in paese ed ogni volta che devo spostarmi mi viene gentilmente offerto un passaggio.Ma come si può apprezzare la bellezza di un vicolo, osservare una pianta rampicante che ha preso il posto di una famiglia probabilmente emigrata al Nord, come si può spiare la conversazione di due anziani seduti in una panchina a piazza Italia, come ascoltare il rumore di piatti e forchette di chi sta mangiando e lascia la porta d'ingresso ancora aperta, in questo sud dove una porta aperta era la continuazione della strada ed era il nostro modo di vivere e di essere comunità.
Come apprezzare con una macchina la bellezza della lentezza che un solo un paese può offrire.
Se non è un giorno di lavoro se non si ha fretta perché non lasciare la macchina per vivere la vera dimensione di un luogo?



Villa Zerbi, una dimora storica a Taurianova  

Nella zona alta di Via Roma a Taurianova, c'è una dimora storica che è stata la causa della mia passione per l'architettura.
Un edificio che insieme alla Chiesetta di San Nicola richiamavano la mia attenzione già ai tempi delle scuole, quando fungevano da scenografie ai tanti giochi che a quei tempi si facevano per strada.
Villa Zerbi è costruita in stile tardo barocco con rimandi al barocco leccese, costruito subito dopo il terremoto del 1783.
Se passate da Via Roma, fermatevi ad ammirare il bel portale barocco, pensando magari a quando in questo angolo di Radicena nel 1800, la gente si radunava per assistere alle celebrazioni nella piccola cappella di San Nicola, costruita e data in regalo ad una delle figlie della nobile famiglia.

Villa Zerbi 

Feste e tradizioni 

E' soprattutto nei momenti di festa, quando la gente si riversa per strada che si crea quell'equilibrio perfetto. I palazzi e le piazze abbracciano le genti e le loro tradizioni, convivendo insieme, completandosi a vicenda.

Domenica delle palme a Piazza Italia 
I luppinazzi 

Taurianova - La festa della Madonna della Montagna

Parigi

In questo post troverai i miei disegni e riflessioni, camminando tra le strade di Parigi. Città nella quale vivo da oltre dieci anni.  

Buona lettura. 

L'autunno a Parigi 

Rossi e gialli dalle tante sfumature tinteggiano il cielo e le strade. Le foglie iniziano a cadere già da agosto e fno a metà ottobre, si cammina su marciapiedi multicolore.

I colori dell' Autunno al Pere Lachaise 

Passeggiando dentro al bosco di Vincennes

Rue de Thorigny - Il museo Picasso


Lungo la Senna 

Mi piace molto camminare lungo il fiume, anche perchè con un colpo d'occhio, riesco a riunire diversi palazzi che raccontano la storia di Parigi. Il louvre, la tour Eiffel, l'île de la Cité, dalla quale spunta la bellissima fleche delle Cattedrale di Notre Dame realizzata da Viollet Le Duc, alla conciergierie, che ad oggi, è l' edificio che più mi ha colpito da quando sono a Parigi.

La conciergerie 

La senna ed il Paris Plage 

Le porte di Parigi 


Ogni uscita della metropolitana, corrisponde ad una porta sulla città.
Risalire i gradini della metropolitana, tornare alla luce é come incontrare Parigi.
Insomma, apro la porta e mi ritrovo  davanti alla tour Eiffel, all'arco di trionfo, al grande arche, al Louvre o semplicemente in una piazza con i fiorai che sistemano tulipani e gerani, con i fruttivendoli che allestiscono la frutta sulle bancarelle,  o con l'odore delle baguettes e dolci appena sfornati che si sprigiona dalle tante boulangeries della città. 


I tetti di Parigi  

E' impossibile camminare in città, senza restare affascinati dai caratteristici tetti, mansardati in ardesia.
Tegole scure e comignoli arancioni creano un ritmo armonioso, che, seguendo il fiume, un viale alberato o circondando un parco, contribuiscono a comporre l'immagine elegante ed ordinata della Parigi Haussmaniana.
Ci sono diversi punti, che permettono di godere di questo magnifico spettacolo dall'alto.
Oltre alla Tour Eiffel e il campanile di Notre Dame, é possibile recarsi gratuitamente sulla terrazza dell'istituto del mondo arabo, quella delle gallerie La Fayette, la scalinata del Sacre Cœur di Montmartre, il parco di Belleville o di Père Lachaise, otre ovviamente dai piani alti di qualsiasi edificio.

 









venerdì 16 agosto 2019

Squillace, tra le colline del catanzarese

 

Eravamo in spiaggia nei dintorni di Roccelletta, quando decidemmo di visitare il borgo di Squillace.

Il cielo era limpido, una calda giornata mediterranea, attorno a noi poca gente ed un mare blu intenso che osservavo mentre mi raccontavano delle bellezze del borgo, della sua storia e delle famose ceramiche.

Le descrizioni che mi stavano facendo, erano quelle di un territorio ricco di storia, cultura e paesaggio.

Ero molto curioso di visitare il luogo dove  durante una tempesta  era approdato Ulisse, dove nel Medioevo, su di una collina a quindici chilometri dal mare le genti si rifugiavano  per sfuggire agli attacchi dei saraceni, ero curioso di visitare il borgo di Cassiodoro, l’ultimo dei romani e il primo degli italiani e il luogo che  fu nell’anno mille, un’importante contea Normanna.



Così nel pomeriggio, quando le temperature si fecero  più dolci, ci incamminammo verso Squillace.

A quell’ora, la luce del sole  era calda e morbida accentuando le bellezze del paesaggio calabro.

A rendere ancora più affascinante il cammino verso Squillace erano i diversi tornanti della strada provinciale che si susseguivano uno dopo l’altro, regalandoci suggestivi paesaggi.

Un tornante e Squillace appariva inerpicato su di uno sperone, un’altro e castagni e aranceti occupavano ampie vallate che si gettavano a capofitto verso il mare. Qui è li erano presenti dei ruderi ricoperti di fichi d’india, pietre tra le campagne, che una  volta dentro al borgo, si convertivano in strade acciottolate, archi e muri ricoperti di ceramiche, cipolle e peperoncini.

Visitammo la bottega di un artigiano, ci raccontò il proprio lavoro, descrivendolo con enfasi nei minimi dettagli, esagerando e colorando ancora di più le belle ceramiche esposte.

Mi soffermai ad osservare delle ocarine rosso porpora mentre l’artigiano staccava dal muro un grande piatto che avevamo acquistato.

Lasciammo la bottega, passando accanto ad una piazza, quattro donne sfuggivano dal sole, riparandosi  all’ombra del castello normanno, alle loro  spalle la sagoma di quel che restava di un vecchio cartello stradale e un immenso giardino che accompagnava il nostro sguardo fino all’orizzonte.

Scendevamo e risalivamo le stradine del borgo, scoprendo scorci, fontanelle e antichi palazzi.  

Arrivammo casualmente davanti alla Chiesa di San Matteo, un signore ci invitò a visitare una ricca collezione di presepi provenienti dal mondo intero: Bolivia, India, Argentina, alla centesima statuetta, perdemmo la concentrazione ed educatamente ci divincolammo.



Un abitante del luogo si avvicinò a noi,  indicandoci i vicoli da percorrere  per arrivare fino alla Chiesa di Santa Maria Assunta.

Arrivammo nella piazza che affacciava sull’imponente Cattedrale, due turisti studiavano una cartina stradale mentre io ammiravo la rigida architettura della Chiesa ottocentesca.

Rientrammo a Catanzaro, quando il sole era già tramontato, quella sera feci una passeggiata sul lungomare, ripensando alla fortuna delle genti che vivevano tra le colline alle mie spalle, potendosi riparare all’ombra di un antico castello e passeggiare tra i vicoli di una storia millenaria.

sabato 4 agosto 2018

Il Tempo di San Giorgio Morgeto


Era un giorno di fine settembre a San Giorgio Morgeto, l’afa del mese di agosto aveva lasciato spazio ad un vento fresco, che incanalandosi tra i vicoli portava con se l’odore del mare che si estendeva davanti ad i miei occhi.

Lo sguardo abbracciava i paesi della piana che da quassù, erano delle piccole interruzioni della grande macchia mediterranea che li avvolgeva.

Osservavo con immenso amore il paesaggio calabro, cosi vario e suggestivo, cosi pittoresco ed unico.

Alle mie spalle l’Appennino che divideva in due la Calabria, una linea perpendicolare alla costa, che separava in modo netto lo Ionio dal Tirreno, i due mari che bagnavano oltre settecento chilometri di costa di una regione prevalentemente montuosa.

Me ne stavo appoggiato ad una parete del castello che era in parte diroccato, mi ero arrampicato fin quassù dopo aver percorso i tanti vicoli del piccolo centro della Piana, edificato da Morgete, figliuolo di Italo.

Avevo passato il pomeriggio tra le strade del borgo, perdendomi tra i vicoli stretti che spesso erano caratterizzati da gradini che collegavano terrazze panoramiche, chiese, laboratori artigianali ed edifici storici.

Ero arrivato verso le quattro del pomeriggio, iniziando il mio percorso dalla Piazza dei Morgeti, al centro della quale vi era una grande fontana monumentale, a testimonianza delle tante sorgenti che nascevano all’interno del comune.

Un gruppo di anziani se ne stava seduto ai bordi della fontana, facendo scivolare cosi quel pomeriggio di fine estate.


Discutevano animatamente, gettando ogni tanto un’occhiata verso di me, turista in ritardo dentro al borgo che si lasciava alle spalle la stagione estiva.

Già all’arrivo avevo percepito un’aria diversa, come se il tempo avesse scelto di rallentare, regalandomi un’atmosfera passata, quella degli anni ottanta, della mia infanzia in Calabria.

Non circolavano tante macchine, la particolare conformazione del paese, rendeva la maggior parte delle stradine pedonali, lasciando le strade e le piazze alla gente, vera protagonista del luogo.

Mi inoltravo tra i vicoli che all’improvviso si aprivano al paesaggio, e se nella bella Scilla le stradine terminavano sul mare, a San Giorgio i vicoli permettevano ampie vedute sui boschi e sull’immenso Mar Mediterraneo.

Il rumore di un pallone aveva richiamato la mia attenzione, arrivava dal lato destro della Chiesa Matrice nella quale erano custodite due statue lignee di scuola napoletana raffiguranti i patroni del borgo, San Giorgio e San Giacomo, erano due ragazzini che giocavano a pallone.


Una vecchia saracinesca era la loro porta, mentre un muretto e una scalinata delimitavano l’aria di gioco.

Osservavo quei ragazzini cadendo in una dolce nostalgia, quando anche io giocavo per strada e non avevo bisogno di un telefonino o di un centro commerciale per essere felice.

Girovagavo tra le vie del paese, visitando antiche chiese, fermandomi tra le diverse terrazze per disegnare e percorrendo stretti vicoli come il passetto del re, che con soli 40 cm di larghezza era il vicolo più stretto d’Italia.

Alla base di una ripida scalinata, avevo incontrato un artigiano, se ne stava immerso nella silenzio del pomeriggio intento a fabbricare una cesta.

Intrecciava doghe di castagno mentre mi dava diverse informazioni sulla lavorazione del legno filato a caldo e mi consigliava d’arrampicarmi fino al castello prima del tramonto.


Segui il suo consiglio e lo salutai dirigendomi cosi verso la parte alta del borgo dove si trovava il castello, che raggiunsi durante il tramonto, quando un sole dai colori arancio, posandosi sul Tirreno,disegnava la sagoma scura dello Stromboli, il vulcano siciliano che adesso era ben visibile davanti ai miei occhi.

Feci un respiro profondo,emozionandomi davanti alle bellezze di San Giorgio, luogo speciale, dove il tempo aveva scelto di vivere il proprio tempo.

martedì 16 maggio 2017

Nella foresta di Nemours

In genere, chi visita  Parigi considera poco l'île de France, la regione che include Parigi, o la considera solamente per visitare Versailles o Disneyland.
In realtà  l'île de France è una regione ricca,  con un territorio che nasconde dei tesori che per sfortuna o per fortuna, rimangono fuori dai principali circuiti tutistici. 
Qualche giorno fa, ho visitato la foresta di Nemours, ai confini dell' Île de France, ad un'ora e un quarto da Parigi. 
Nella regione, ci sono delle foreste più importanti e attrezzate da visitare, ma oltre al fascino dell'itinerario poco battuto, l'altro motivo che mi ha portato a Nemours è stato quello dell' accessibilità: l'abbonamento ai mezzi, permette di spostarsi in tutta la regione senza spendere ulteriori soldi per i biglietti. 
Il treno è arrivato a Nemours a mezzogiorno, nel paesino splendeva il sole, poche nuvole e temperatura quasi estiva. Appena sceso dal treno, ho percepito subito il ritmo lento del paese rispetto alla città, poche macchine e tanto verde.
Dopo un primo attimo di smarrimento, ho raggiunto un viale dal quale in lontananza ho intravisto il campanile della Chiesa medievale di di Saint Jean-Baptiste, e  sapendo che il bosco si trovava oltre la chiesa, mi sono avviato verso il campanile.
Ho fatto una sosta dentro la Chiesa nella quale la temperatura era fresca e proteggeva dal caldo della giornata. Seduto su di una panca, ho studiato il tragitto che dalla Chiesa, mi avrebbe portato dentro la foresta.
Il cammino che avevo scelto, passava accanto al castello e attraversava il fiume per poi risalire il paese, passando attraverso un punto panoramico che abbracciava il borgo e la campagna circostante. 
Dopo cinque minuti di salita entravo finalmente nella foresta comunale di Nemours, attarverso il cammino des Dames. Seguendo un percorso accidentato, ho costeggiato per qualche minuto una proprietà privata prima di perdermi del tutto. Purtroppo in questa foresta i sentieri non erano segnalati come invece accade nelle altre foreste dell' Île de France. Ho comunque passeggiato per qualche minuto senza nessuna idea di dove stessi andando, prima di scaricare un applicazione sul cellulare che ha dato una svolta alla mia escursione. 
Una mappa virtuale segnava i cammini e la mia posizione, così ho iniziato a girovagare con coscienza e soprattutto con più tranquillità. 

viaggio ile de france
Disegnando nella foresta di Nemours

Durante l'escursione, ho incontrato diversi ragazzi, zaino in spalla, che ho avvicinato; mi hanno raccontato che utilizzano quotidianamente il bosco per tornare da scuola verso casa.
Mi è piaciuta molto l'interazione della foresta con la gente del luogo.
Man mano che mi inoltravo nella foresta, il paesaggio si faceva sempre più interessante: castagneti, pinete, rocce dalle forme insolite, un mare di sabbia...ho camminato tra i sentieri stupendomi costantemente per le diverse forme delle rocce che man mano diventavano sempre più grandi. 
Arrivato nel cuore di una pineta, ne ho approfittato per disegnare. 
Ogni tanto passava qualcuno, ma ho apprezzato molto il poter disegnare in completa solitudine. 
La lontananza dai principali percorsi turistici e l'essere andato in un giorno della settimana, ha reso la passeggiata ancora più suggestiva. 
Al ritorno, prima di riprendere il treno per Parigi, sono passato dall'ufficio turistico di Nemours, per recuperare altri itinerari da percorrere la prossima settimana che si prospetta calda e piena di sole.

Qualche informazione pratica:

Come raggiungere Nemours da Parigi?  
Il modo più semplice è quello di prendere il Transilien R da Gare de Lyon che in un'ora e dieci vi lascerà alla stazione di Nemours Saint-Pierre.

Quanto dista la foresta comunale di Nemours dalla stazione? 
Sono venticinque minuti a piedi, circa due chilometri, passando dentro il paese.

Quanto costa il biglietto del transilien per Nemours?
Se siete possessori del Pass Navigo settimanale o mensile, vi spostate in tutta la regione senza dover pagare nulla.

Dove recuperare una mappa della foresta comunale di Nemours?
L'ufficio turistico al momento ne è sprovvisto, vi allego la mappa che ho utilizzato io.


foresta ile de france, parigi




venerdì 23 dicembre 2016

Le mie illustrazioni tra i vicoli di Taurianova

Con la presentazione della mostra nella storica Villa Zerbi di Taurianova, é cominciata ieri l'esposizione di dodici mie illustrazioni tra i vicoli di Taurianova. Un invito alla riscoperta dei valori mediterranei e del viaggio lento, tramite un percorso  che è possibile trovare a questo link: http://www.consultassociazionitaurianova.org/taccuino-di-viaggio/percorso

Taccuino di Viaggio a Taurianova dal 22 dicembre al 7 gennaio

lunedì 28 settembre 2015

In giro a Taurianova - Edizione limitata


Ho pubblicato il taccuino: IN GIRO A TAURIANOVA - 23 Luglio 2013, in 250 copie numerate e firmate.
Il formato chiuso è di 10*21cm, il formato aperto è invece di 50*21 cm.


Il taccuino è composto da dieci pagine chiuse a fisarmonica.


Viaggi, fontana, blog, sketch, Taccuino
Il taccuino: In giro a Taurianova - edizione limitata - Pixartprinting 2015

 TITOLO: In giro a Taurianova - 23 luglio 2013

AUTORE: Francesco Fontana

FORMATO: 10 pagine a fisarmonica. 10*21cm (chiuso) 50*21cm (aperto)

TIRATURA: 250 copie in edizione limitata, numerate e firmate

ANNO  STAMPA: Settembre 2015

COSTO: 1,50 Euro + spese di spedizione 

ACQUISTA: COPIE ESAURITE 



giovedì 15 novembre 2012

Praga e la Repubblica Ceca

Sto vivendo questo soggiorno in Repubblica Ceca, con l’entusiasmo di un bambino. 
L’autunno e l’inverno, rendono i paesaggi della Moldava ancora più gotici di  quanto non lo siano in realtà.
A Praga nevica spesso, ed è una meraviglia, quando gli stessi luoghi si coprono di bianco. 
Quando la temperatura scende sotto i meno venti i turisti sono rari, ed è possibile vivere in solitudine la bellezza di questi luoghi. 
Ogni mattina per andare al lavoro, attraverso Malà Strana, la città piccola, ed è difficile non farsi catturare dal fascino di questo  quartiere. 
Il tram scivola via, sotto arcate in pietra, Chiese gotiche e barocche, mentre  strane sculture, fanno da  guardiane  a colline e vigneti che si gettano a stapiombo, sulla città fatta di guglie e campanili.

Vivendo  questi luoghi, non è difficile capire il perchè, Praga, abbia ispirato pittori, musicisti e poeti.

Karlův Most

Praga, la città dalle mille guglie 

Karlův Most

Chiesa Santa Maria di Tyn 




domenica 12 agosto 2012

Barcellona - dall’altro lato dell’orizzonte

Osservavo con apprensione la torre umana che lentamente stava crescendo davanti ai miei occhi.

Era composta da persone di tutte le età, vestite allo stesso modo: una maglia rossa, un pantalone bianco e una fascia nera attorno alla vita.
 
La base era composta da decine di uomini messi in cerchio, con la schiena leggermente ricurva.

Reggevano il peso d'altrettante persone che s'aggrappavano su di loro appigliandosi ai vestiti, arrampicandosi sulle loro spalle e formando a loro volta un'altro cerchio umano.
Era mezzogiorno di una domenica d'agosto a Barcellona.Mi trovavo nel quartiere di Gràcia, uno dei luoghi più tradizionali della città.



La piazza era gremita di gente che come me, tratteneva il respiro.

L'atmosfera mi ricordava quella che si creava in Calabria durante le feste padronali, quando riti sacri e profani, tenevano le genti col fiato sospeso, come adesso, dove stavamo tutti ad osservare il terzo gruppo di persone che s'aggrappavano le une alle altre per comporre il terzo anello della torre.

Alberi di mandarini circondavano il perimetro della piazza, che si trovava accanto alle opere di Gaudì.

Opere uniche, create dal genio dell'architetto alla fine del 1800, in un momento di riscoperta dei valori nazionali, che ispiravano gli artisti in tutta Europa.
E mentre in Finlandia, gli architetti guardavano alle grandi foreste per recuperare il legno per costruire le proprie architetture, in Spagna Antonì Gaudì pescava nel Mediterraneo e nel passato islamico della nazione, per ritrovare un'identità iberica.

Era stata così concepita la Sagrada familia, tempio espiatorio di fine ottocento ancora incompiuto, che avevo visitato per la prima volta, qualche giorno prima.

Uscendo dalla metropolitana, non mi ero accorto che la basilica si trovava alle mie spalle.

Voltandomi, mi ero ritrovato faccia a faccia con quella che in quel momento, mi era sembrata una Cattedrale uscita da un racconto fiabesco... era maestosa, dalle forme incerte, all'apparenza fragile, sembrava fatta d'argilla.


Era un'opera unica, il capolavoro di Gaudi, che ritrovava le linee slanciate del gotico ma che poi le oltrepassava, con uno stile tutto nuovo, simbolico, mai visto prima.

Cattedrale che si trovava in una città che non aveva paura d'innovare, ma che era entusiasta del proprio dialetto e delle proprie tradizioni... come entusiasti erano i Castellers che continuavano ad aggrapparsi sulle spalle di uomini e donne, formando il quarto cerchio della torre umana.

Il quartiere dove mi trovavo era situato a nord rispetto al quartiere gotico, uno dei più affascinanti della città, dove piazze, vicoli ed archi si susseguivano, intervallati da antiche Chiese come Santa Maria del Mar, costruita nel 1300 e resa celebre dal romanzo di Idelfonso Falcones, che narrava della Barcellona medievale, città mediterranea e in continua espansione.

Nelle lunghe passeggiate che facevo, mi piaceva perdermi, ritrovandomi a percorrere vicoli stretti, isolati, che profumavano di mare e che finivano all'improvviso su grandi viali come la rambla, dove un fiume di turisti annullava in un attimo l'intimità vissuta qualche secondo prima.
Era sorprendente la sensazione che provavo vivendo la città.
Mi sentivo a mio agio, pur essendo dall'altro lato di quell'orizzonte che scrutavo da bambino, che m'incuriosiva e che immaginavo irraggiungibile.
Forse a farmi sentire a mio agio era il mare, lo stesso mare nel quale ero cresciuto, e che allo stesso modo bagnava tanti altri paesi: il Mediterraneo, nel quale avevano navigato diversi popoli, caratterizzandosi e contaminandosi.

Mi capitava di stare seduto sulla spiaggia della barceloneta, tra grattacieli e sculture contemporanee e riflettere su similitudini e differenze tra i diversi popoli mediterranei ed arrivavo sempre alla conclusione che in altri posti, mancava l'eclettismo catalano, dove il vetro e l'acciaio dei grandi grattacieli, conviveva con il dialetto, con le tradizioni e con la torre umana dei castellers, che in questo momento era crollata davanti ai miei occhi!

In un attimo la torre si era sbilanciata e tutta quella gente era caduta per terra.

Ma bastò poco per rivedere i castellers rialzarsi per ricostruire la stessa torre, che stavolta portarono a termine, quando due bambine arrampicandosi a quindici metri d'altezza, salutarono la piazza di Barcellona che applaudiva a festa.

mercoledì 4 luglio 2012

Arriva à littorina!

U trenu a Carvuni, così chiamavano i nonni "la littorina".
Arrivava col suo fischio inconfondibile, attraversando boschi d'ulivi secolari.
Era il 1921.
Novantadue anni fa, le genti delle campagne, correvano a guardare quel trenino che partiva da Gioia Tauro e passava per Rizziconi, Cannavà, Amato, San Martino, Taurianova,Cittanova, Polistena, fino ad arrivare a Cinquefrondi.

carnet de voyage, francesco fontana
Una littorina ferma alla stazione di Cinquefrondi
Quasi li immagino i miei conterranei, vivendo quel momento.
L'entusiasmo delle genti dei campi, catturato e raccontato, vivido nei ricordi di quel treno tirato a fatica da una locomotiva a carbone. Lo stesso trenino che hanno vissuto migliaia di studenti, spostandosi tra i vari paesi. Quei paesi che senza rendersene conto, diventavano l'uno essenziale per l'altro.
Ognuno coi propri bisogni, ognuno con le proprie caratteristiche.
Centralità, all'interno di un sistema, maggiore.
Tu dove andrai a scuola? Io a Taurianova, al geometra! Il classico è a Cittanova. Farò il magistrale a Polistena. Ma il linguistico è a Gioia?
Già dalla fine delle scuole medie, ci si confrontava con quello che sarebbe stato "il nostro Arcipelago", la nostra Piana di Gioia Tauro.
Già da allora, la littorina ci avrebbe collegato, ci avrebbe traghettato da una parte all'altra, tagliando insieme a noi, col suo fischio inconfondibile, boschi d'ulivi e colorati mandarini.
E nel 2009 quando decisi di usare la littorina, mi resi conto del strano destino al quale andava incontro.
Il lento e poco comodo ritrmo del viaggio, fino alla stazione F.S. di Gioia Tauro, era spezzato dalle fermate nelle cadenti stazioni.
Agavi e canne palustri, facevano da sfondo ai pochi immigrati, che si spostavano da un campo all'altro, ed io ero il vero straniero, l'unico ad emigrare con la valigia verso la stazione dei treni di Gioia.
Uno strano abbandono quello estivo, la littorina sedotta dai mesi scolastici, veniva adesso abbandonata. Diverse volte mi chiedevo perchè. Perchè quella littorina non traghettava le genti al "Porto degli Ulivi" di Rizziconi? Mi chiedevo perchè quella littorina, scivolava via dall'ospedale di Polistena, punto di riferimento, anche se discutibile dell'arcipelago del Tauro!
Mi chiedevo perchè la littorina ignorava il polo commerciale di Gioia, attrattore nella piana, e causa adesso di congestione stradale.

sketch, carnet de voyage
Littorine ferme a Taurianova.
Era come vivere due dimensioni diverse. L'estate arrivava e la littorina viveva la sua nuova dimensione!
Da un lato le macchine della Piana, la benzina, l'inquinamento, dall' altro io e i lavoratori dei campi, intervallati da masse di turisti tedeschi, che invadevano la littorina in alcuni giorni della settimana.
Tornavo da Reggio, dalle revisioni del laboratorio di sintesi finale, ed a Gioia Tauro mi mescolavo a questa massa di turisti. Aspettavamo il trenino insieme, che portava me ad Amato e loro a spasso tra i boschi d'ulivi, tra foglie argentee che si perdevano nell'orizzonte mediterraneo e colorati aranceti che immortalavano con le loro macchine fotografiche. Era incredibile! Quei tedeschi, stavano fotografando la campagna di papà!
Io scendevo prima, ed era curioso dover chiedere permesso in inglese, facendomi spazio in mezzo a quei tedeschi esaltati!
Loro continuavano verso il castello di San Giorgio Morgeto, io tornavo all'altro livello, quello delle campagne frazionate,quello dei pochi consorzi e degli uliveti troppo alti per regalare un'olio di qualità.